NOI CONTRO QUESTA COSA SENZA NOME

giovedì 15 novembre 2018

UNA TREGUA

Quest'anno non sono stata per niente attiva in questo blog, e un pochino mi dispiace. 
Dispiace soprattutto per me stessa, perché era un diario che mi aiutava ad alleggerire il peso che sentivo spesso nel mio cuore. E infatti questo peso, in questi mesi, si è ben accumulato e fa fatica ad uscire. 

Ci sono periodi strani nella nostra Vita. Non belli, non brutti, ma strani. Quelli in cui stai andando da qualche parte ma non capisci dove..per cui tu vai avanti, avanti, avanti, come se fosse diventato un meccanismo automatico. Avanti. Testa alta, testa bassa, poco conta. Vai avanti. E fai un sacco di cose, cerchi in ogni parte idee innovative, ti ingegni per capire cosa può fare effettivamente la differenza nella Vita tua e di chi ti sta accanto. E perdi di vista chi sei, come sei e cosa vuoi.

Con Riccardo, ultimamente, viviamo periodi molto strani. Stiamo facendo tanto, stiamo mettendo del nostro meglio, stiamo usando tutte le nostre energie, ma non abbiamo ben chiaro dove stiamo andando. 
Eppure, come fai ad avere ben chiaro dove stai andando con un bambino con disabilità? Ogni giorno c'è una nuova conquista, ogni giorno c'è un nuovo problema da gestire, ogni giorno è strano. 
E' strano...Perchè può essere che ciò che tu hai insegnato ieri sia già dimenticato, o allo stesso tempo sia già troppo poco. 
E' strano...Perchè può essere che se ieri sei riuscito a fare la spesa al supermercato senza fare intoppi, oggi si può scatenare l'inferno già appena entri. 
E' strano... Perchè se ieri hai utilizzato determinate parole per spiegare una cosa, oggi possono non andare più bene e devi trovarne altre di parole. 
E' strano... Perché alla fine ti rendi conto che passi il tuo tempo a provare a gestire tuo figlio, invece di godertelo. Ed è stancante, sotto tutti i punti di vista. 

Ogni tanto penso se riusciremo mai ad avere una tregua, noi tre insieme. Un momento nostro, che non duri semplicemente i quindici minuti prima di andare a letto, in cui godiamo della presenza dell'altro senza dover pensare a che parole usare, a come anticipare una crisi, a come muoverci senza spaventare, a come gestire qualche imprevisto. Un momento nostro, in cui possiamo essere semplicemente liberi di essere noi stessi, senza indicazioni da seguire, regole da dettare, immagini da plastificare. 
Una tregua. 
A noi basterebbe semplicemente una piccola tregua, per guardarci negli occhi e ricordarci che siamo sempre noi: una mamma, un papà e un figlio. E che la disabilità è solo un'aggiunta nella nostra Vita, che ci rende le cose più faticose, ma che non riuscirà a dividerci, Mai. 



venerdì 6 aprile 2018

2 APRILE....ANCHE OGGI!



C'e questa usanza, da un po di anni a questa parte, di creare dei giorni in cui si sente di più in qualcosa. Ci si sente di più donne, mamme, nonni, innamorati, papà...ci si sente persino più autistici, malati di malattie rare, e quant'altro. 

Ecco, queste giornate non mi sono mai piaciute particolarmente, ma mi rendo conto che, alla fine, ci casco ogni volta, come la massa intera. 

Per cui a San Valentino faccio trovare due baci Perugina sul piatto a mio marito, per la festa della Mamma mi sento più Mamma e faccio un piccolo pensiero a mia Mamma, per la festa del Papà preparo un lavoretto per Francesco e logicamente faccio gli auguri a mio Papà, e così via. 
E ogni anno me lo ripeto eh. 
Ogni anno mi dico, come tutti, che queste attenzioni dovrebbero esserci tutto l'anno. E alla fine, rimango sempre delusa, sia dalle aspettative su me stessa, sia da quelle che ripongo sugli altri. 

Per di più, quando arriva il 2 aprile, faccio sempre un passo indietro, e invece di cambiare la mia immagine del profilo con quelle create ad hoc per questa giornata, mi metto a pensare. 
L'argomento mi tocca da vicino, anche se Riccardo non rientra nello spettro autistico. Alla fine, un nome vale l'altro dal momento in cui ti ritrovi nel pianeta "Disabilità". Ci sei dentro, e la maggior parte delle volte non ne puoi nemmeno uscire. 
Per cui, dicevo, quando arriva il 2 aprile, in cui tantissime persone scrivono belle frasi, con tanti bei propositi, articoli su articoli per essere condivisi..beh, mi chiedo se queste persone, nella realtà, passano davvero del tempo nel nostro pianeta, o se la loro vicinanza è solo di facciata. 

Ecco. La risposta, la maggior parte delle volte, la trovo negli sguardi dei genitori che incrocio ogni giorno. E forse a volte anche nel mio sguardo, davanti allo specchio. Genitori un po' stanchi, a tratti arrabbiati, forse anche un po' delusi da ciò che la Vita ha riservato loro. Genitori che vorrebbero dar voce a tutti i loro pensieri, ma che in realtà non sanno a chi urlarli perché si rendono conto che nel nostro pianeta, alla fine, o ci si vive o non si capisce e quindi evitano di parlarne per togliere il mondo da quell'imbarazzo che di solito si crea. E questo, proprio questo, è quello che forse fa più male. 
Parlare, senza poterlo fare fino in fondo. 
Volersi sfogare, senza poter dire a voce alta "io questa vita non la voglio" senza essere giudicati. 
Piangere, senza essere compatiti. 
Stare in silenzio, senza dover per forza dare preoccupazioni. 

E allora penso che è fin troppo semplice cambiare la propria immagine del profilo per un paio di giorni, per dire al mondo che "si, io so che oggi la giornata è dedicata a questo, vedete che le cose importanti me le ricordo", e poi magari guardare male il genitore seduto a tavola che cerca di tranquillizzare il proprio figlio nel pieno di una crisi, pensando a quanta maleducazione c'è a questo mondo. 
Detto questo, sicuramente tra le persone che hanno dedicato qualche parola a questa giornata, ci sono anche quelle che il 2 aprile lo sentono dentro al loro cuore, ogni giorno. Ed è grazie a loro che, probabilmente, i genitori si sentono meno soli.  



lunedì 22 gennaio 2018

WONDER...E NOI


Sono stata al cinema a vedere Wonder.
Due volte.
La prima volta ci sono stata con il gruppo di mamme dei compagni di Riccardo, giusto per far fuori tutte insieme un po’ di pacchetti di fazzoletti. E poi, siccome di fazzoletti ne erano anche avanzati, ho avuto la fantastica idea di accompagnare Francesco, così li abbiamo finiti.

Bel film, nulla da dire. Commovente, diretto, emozionante, forte.
Mi sono rivista in tante scene. Ho sentito mia la paura della Mamma nel lasciare Auggie alla sua vita, libero di camminare e di seminare da solo Amore in giro per i corridoi della scuola. Ho riso a tutte le battute del Papà, molto ironico, soprattutto nei confronti di sua moglie. Mi sono commossa sui pensieri di Via, la sorella, e mi sono chiesta se anche la sorellina di Riccardo, se mai arriverà, penserà le stesse identiche cose e vivrà con tanto Amore e allo stesso tempo con tanta Solitudine questa relazione. Ho preso spunto da alcune riflessioni del Professore, dal suo modo di agire in classe, dal suo entusiasmo nel trasmettere prima di tutto regole di Vita che apprendimenti scolastici.
E poi…poi ho cercato di paragonare Auggie a Riccardo, o Riccardo a Auggie, come volete insomma. Ed entrambe le volte, a questo ragionamento, sono uscita dalla sala pensando “Troppo facile…!”.

Si, troppo facile.
Troppo facile raccontare la storia di un bambino con una deformazione facciale, super intelligente, pure simpaticissimo e con una capacità relazionale al top.
Certo, la deformazione fisica è un grande ostacolo, sicuramente preda del bullismo ed è giusto trattare tutto come viene ben fatto in questo film. Anche perché, di questi tempi, non serve nemmeno avere una qualche deformazione fisica per essere vittime di bullismo, basta anche molto meno. È un problema serio e va affrontato.
Ma comunque, io continuo a dirmi che è troppo facile così.
È troppo facile per i genitori, che in ogni caso, in questo film, si confrontano quotidianamente con il proprio figlio in un modo che a volte nemmeno nella realtà succede, anche senza una deformazione facciale. È troppo facile per gli insegnanti, che devono solo “abituarsi” ad una faccia ma non devono pensare di giorno e di notte a dei metodi speciali per far in modo che Auggie apprenda senza intoppi. È troppo facile per i compagni che quando vedono in Auggie un valido alleato per copiare le verifiche si accorgono che "Ma sì dai, non è poi così male!".
E quindi io mi chiedo: la trama sarebbe stata uguale se al posto di quella deformazione facciale ci fosse stato un ritardo mentale, oppure un’iperattività, un’incapacità a comunicare, una difficoltà alla regolazione emotiva? Auggie avrebbe comunque attirato a sé tutti quei cuori? Avrebbe ricevuto lo stesso il premio più ambito dell’anno alla consegna dei diplomi?

Mah.

Mi ha colpito tantissimo una frase che ha detto il preside ad un certo punto: “August purtroppo non può cambiare la sua faccia, ma quello che noi possiamo fare è cambiare il nostro punto di vista”.
E mi chiedo ancora: noi, adulti e ragazzini, quanto siamo disponibili a cambiare il nostro punto di vista nel momento in cui c’è una necessità?

Voi che dite?!


In ogni caso, in qualsiasi modo la pensiate, deformazione facciale o no, disabilità cognitiva o no, vale sempre il precetto: SE POTETE SCEGLIERE TRA ESSERE GIUSTI ED ESSERE GENTILI, SIATE GENTILI. 

venerdì 15 dicembre 2017

QUELLE MAMME


Io le vedo. Le vedo tutti i giorni. 
Quelle Mamme. 
Quelle Mamme come me.

Quelle Mamme, che entrano ed escono dal centro di riabilitazione; una correndo dietro al figlio iperattivo, una spingendo la carrozzina perchè il figlio non può camminare, una che lo porta in braccio.

Quelle Mamme, che invece di passare la mattina libera dal parrucchiere, la devono passare in coda all'INPS perché, quando chiedi ciò che ti spetta, manca sempre qualche documento fondamentale per procedere con la pratica. E non ci passano solo quella mattina in coda all'INPS, no. Perché la settimana dopo devono andare dal pediatra a farsi fare un'impegnativa, o al centro di riabilitazione per farsi rilasciare un certificato, o al patronato per provare ad accelerare i tempi. Sempre per avere una cosa che ti spetta, sia chiaro, non per chiedere all'INPS il miracolo che tuo figlio si svegli da un momento all'altro sano. E poi devono anche rispondere alla domanda "Ma tu, dall'estetista, quando ci vai?".

Quelle Mamme, che negli articoli dei giornali vengono chiamate "Mamme coraggio", quasi a ricordare ogni volta che la loro è una situazione a-normale, come se non se lo ricordassero già da sole ogni giorno vivendola. Ma poi, coraggio per cosa? Personalmente non mi è mai piaciuta questa attribuzione. Come se per amare un figlio "imperfetto" ci volesse coraggio. No, non ci vuole coraggio, ci vuole solamente Amore, quello che d'altronde hanno tutte le altre mamme. 


Quelle Mamme, che sicuramente un tempo avevano gli occhi che brillavano (come ha scritto Francesco - diario di un padre fortunato - qui), sicure di realizzare tutti i loro sogni, perchè le donne sono sempre un po' così, ingenue, e poi arrabbiate perché li hanno dovuti mettere da parte, quei sogni. 
Quelle Mamme, rinchiuse dietro ad un filo spinato, in cui non possono fare tutto ciò che vorrebbero con i loro figli, ma sempre con le mani tagliate perché quel filo spinato cercano di superarlo ogni giorno, in ogni momento, con ogni forza ed energia. 


Le vedo, e cerco di incrociare i loro sguardi e di capire ciò che c'è dietro. 
Cerco di capire se anche in loro c'è paura, stanchezza, amarezza, rabbia verso una società che ti lascia da solo, che ti cataloga e ti lascia l'etichetta addosso a vita, che non ti aiuta ma ti aumenta gli ostacoli, sperando che tu non sia capace di superarli. 
Perché questo è ciò che pesa di più a me. 
Realizzare, ogni giorno, che in una società di tante parole, ci sono ancora troppo pochi fatti. 

giovedì 16 novembre 2017

...CIO' CHE MANCA...




Ci sono periodi in cui, nonostante il sorriso che hai affianco sia sempre confortante e ricco d'amore, qualcosa inevitabilmente ti manca. Lo senti, come se ci fosse un vuoto che non riesci a colmare e realizzi che probabilmente non lo colmerai mai e quindi devi imparare a conviverci. Come quando hai un puzzle, lo stai per finire, e non trovi l'ultimo pezzo. E quel posto rimane così, vuoto. 

Per me, in questo periodo, questo vuoto è creato dal silenzio alla domanda "Ciao Amore, come è andata oggi?!". 

Lo chiedo ogni giorno a Riccardo, appena saliamo in macchina, come se ogni giorno sperassi che il Signore mi conceda un miracolo e da quella bocca uscissero una serie di parole mai sentite. 
E il bello è che la aspetto eh, la risposta. E dopo 5 secondi di silenzio inizio a darla io..."Sono convinta che ti sei divertito, che hai giocato e che hai fatto delle belle attività! E magari la Emma ti ha pure dato un bacino e Emanuele si è arrabbiato per questo.", oppure "Forse hai colorato con il bianco, guarda che pantaloni sporchi che hai, ma sono convinta che ti è piaciuto!". 

Ecco, me le creo io le risposte. Mi disegno una scenetta in testa, e cerco di convincermi che è andata proprio così. 
Ma in realtà non lo so e non lo saprò mai ciò che è successo nella sua giornata. 

Non so se questa mattina ha fatto i capricci, se ha sorriso ad una bambina in particolare, se ha colorato con il colore giallo o con quello verde. Non so se si è comportato male con un compagno, se ha escluso qualcuno, se ha dato un pugno per difesa o per attacco. Non so se si è arrabbiato perché la maestra lo ha rimproverato e non posso dirgli che in quel momento la maestra aveva tutte le ragioni per rimproverarlo, perché se lo ha fatto vuol dire che ne aveva bisogno. Non so se è uscito in giardino, o se è rimasto in classe. Non so se è stato disponibile o se si è fatto un'ora davanti al muro del pianto. Non so quali sono i compagni con cui gioca più spesso, quelli che magari assolutamente non devono mancare al suo compleanno.  

E non sapendo tutto questo, non posso dargli dei consigli.
"Amore, se Pietro si è arrabbiato forse è stata anche un po' colpa tua. Dovresti essere più gentile e dargli la mano per fare la pace". 
"Che bello che avete colorato con i colori a cera. Adesso ci fermiamo e ne prendiamo un pò così lo possiamo fare a casa insieme!".
"Beh, se ti sono piaciute così tanto le foglie adesso ci fermiamo a fare una passeggiata e ne portiamo a casa di tutti i colori!". 
"Hai mangiato i broccoli?! Oh beh, allora ci fermiamo subito al supermercato e ne compro una cassetta intera!!". 

Ecco, questo, adesso, mi manca. 
Tanto. 
Far parte della sua vita, mettere tutta me stessa per fare del mio meglio, essendo consapevole che non potrò mai entrare del tutto nella sua vita perché non riesce a spiegarmi ciò che fa, ciò che gli piace e ciò che non gli piace, come si comporta e come non si deve comportare. 
E forse, ciò che mi fa più paura, è iniziare a realizzare che probabilmente sarà così per sempre. 

Un compagno che lo aiuta, uno che lo prende in giro. Una maestra che lo rimprovera per la sua lentezza, una che si siede vicino a lui e lo sostiene. Una caduta in un marciapiede, una canzone per Natale, una poesia per la festa della mamma, e una anche per la festa del Papà. 
Dovrò imparare a immaginarmele, sperando che la realtà di avvicini il più possibile alla mia immaginazione. 

venerdì 20 ottobre 2017

IL RUMORE DELLA FELICITA'



Da un sacco di tempo non scrivo qui sul blog...Un po' perché Riccardo mi assorbe sempre più energie e quindi vado meglio a scrivere piccoli pensieri invece di articoli impegnativi, e un po' perché non si è presentato nessun argomento particolare per cui valeva la pena fare delle riflessioni. 

Invece oggi, quando ho accompagnato Riccardo dentro casa e lui si è voluto fermare fuori dalla porta per suonare il campanello, perché così si fa quando si deve entrare in casa di qualcuno...beh, qualcosa da dire forse mi è venuta. 

Qui si stanno facendo passi da gigante eh, in tutti i sensi. Tante piccole cose, a tratti piccolissime, che ti fanno capire che, nonostante l'estate sia stata quasi un incubo, forse forse iniziamo a raccogliere i frutti seminati con fatica e attenzione. 

E allora, lo senti, il rumore della felicità. Lo senti chiaramente. 
Lo senti nel suono impercettibile che fa un interruttore quando si accende o si spegne la luce, soprattutto se quell'interruttore lo preme tuo figlio spontaneamente. 
Lo senti nel piccolo tonfo che senti quando capisci che Lui era lì, davanti alla televisione, probabilmente in piedi, e ad un certo punto è caduto. E quindi tu, preoccupata, corri per vedere se si è fatto male, e lo ritrovi già in piedi perché ormai è abituato a rialzarsi sempre da solo quando cade. 
Lo senti nei vari versi degli animali, che hai ripetuto quasi ogni giorno per mesi e mesi e ora li senti provenire proprio da quella bocca mentre intoni la canzone della "vecchia fattoria". 
Lo senti nel suono silenzioso dei suoi primi passi, in cui tu tieni solo una mano e con l'altra sei lì pronta a non farlo cadere e contemporaneamente ti rendi conto che quella mano serve meno del previsto. 
Lo senti nello schiocco di un bacio, impresso sulla guancia, dato con gli occhi che sorridono. 
Lo senti nel suono di un semplice soffio, perchè sai che quel soffio è riuscito a creare delle bellissime bolle che fanno impazzire chiunque.
Lo senti quando percepisci che Lui capisce tutto ciò che gli dici, tutto, e quando capisci che è talmente furbo da ascoltare solamente ciò che vuole perché è ciò che più gli comoda!
Lo senti quando riesci a trovare un compromesso che gli fa evitare una crisi isterica o quando vedi che calma più velocemente durante le sue eterne arrabbiature. 
Lo senti quando cerchi di far camminare tuo figlio fuori dall'asilo e diventa tutto più semplice nel momento in cui trovi un suo piccolo compagno di classe che gli da una mano e lo aiuta ad uscire, con un sorriso a mille denti. E lo senti poi quando loro si abbracciano. 

E in quell'abbraccio, proprio in quello, capisci che l'Amore, quello vero, non ha pregiudizi, non ha limiti, non vede disabilità o discriminazione. 
E' semplicemente Amore. 

Ma il rumore della felicità, quello più importante, quello che mi fa emozionare nel profondo del cuore lo sento nella consapevolezza di sapere che Riccardo è circondato da così tanto Amore! 

giovedì 7 settembre 2017

MA IL RISPETTO..DOV'E' FINITO?!


Vi avverto, qui parla una Me arrabbiata.

Il rispetto.

Parto dal presupposto che, per me, è mancanza di rispetto già se mio marito non arriva all'orario stabilito per la cena e non mi avverte. Come io manco di rispetto ad una mia amica se le dico "ti chiamo domani" e invece domani non la chiamo. 

Figuratevi se entro su Facebook e leggo il titolo di un articolo al cui interno è spiegato per filo e per segno cosa è successo alla ragazza di Rimini durante l'orrore di quella sera, o se vedo come viene strumentalizzata la morte di una bambina per tirare l'acqua sotto un ponte piuttosto che sotto l'altro. 
A maggior ragione, sento mancanza di rispetto quando leggo i commenti offensivi dei genitori pro-vaccini contro quelli no-vaccini, e allo stesso modo quando leggo quelli dei no-vaccini contro quelli dei pro-vaccini. O ancora, quando leggo commenti dei precari della scuola contro quelli appena entrati di ruolo, che "hanno una laurea e pochi anni di esperienza" o che "ma guarda, entrano di ruolo senza neanche una laurea". E così via. 
Vedo continue lotte, on line e off line, e non mi sono mai spiegata il motivo per cui le persone devono scaldarsi così tanto di fronte a questioni su cui mai nessuno riuscirà ad ottenere la ragione, perchè la ragione in realtà, non sta da nessuna parte. Ci si concentra su lotte per cui non ne vale la pena, senza pensare che l'unica cosa per cui vale la pena lottare è la propria Famiglia. E basti pensare che siamo in un'era in cui proprio la Famiglia è quella che si distrugge più facilmente.  

Mi sembra come se lo scopo di questo immenso mondo virtuale sia metterci gli uni contro gli altri, senza metterci la faccia. Ci sono argomenti tabù che vengono trattati eslcusivamente on line, perchè al di fuori non si ha il coraggio di dire ciò che si pensa. Ma qui sto andando fuori tema. Forse ci vuole un articolo a sè.

Il rispetto, dicevo.

Si manca di rispetto quando in un articolo si scrive per filo e per segno ciò che è successo ad una ragazza durante uno stupro. 
Si manca di rispetto quando dopo la morte di una bambina escono notizie pro-vaccini e contro-vaccini. 
Si manca di rispetto quando si punta il dito contro qualcuno solo perchè la pensa diversamente da noi.

Ognuno di noi, ogni singola persona, ha in sè un vissuto che nessuno potrà mai conoscere fino in fondo e solo in quel vissuto troveremo le risposte alle decisioni prese. E chi siamo noi per giudicarle? 

Chi siamo noi per condividere a manetta una notizia che toglie definitivamente l'intimità di una ragazza che è ancora sotto shock per uno stupro? Io ancora mi sto chiedendo con che coraggio i giornalisti siano riusciti a pubblicare una cosa del genere. Ma si sa, siamo nell'era tecnologica, in cui i like e le condivisioni pare siano indispensabili per sopravvivere, quindi, chi se ne importa della dignità altrui. 
Chi siamo noi per ribadire le nostre ragioni attraverso la morte di una bimba i cui genitori probabilmente avrebbero solo bisogno di silenzio?
Chi siamo noi per offendere qualcuno solo perchè ha detto qualcosa che va contro il nostro pensiero?

Rispettiamo di più. 
E vedremo che, nel momento in cui iniziamo a rispettare, ma rispettare sul serio, allora non avremo più bisogno di commentare la vita altrui e non avremo più bisogno di giudicare in qualsiasi momento ciò che gli altri fanno, solamente perchè lo fanno diversamente da noi. 
Condividiamo pure i nostri pensieri, ma senza la presunzione di imporli, perchè se sono pensieri che vanno bene per la nostra vita, non è detto che vadano bene anche per le altre vite. 

Siamo tutti diversi e in questo mondo c'è spazio per ciascuno di noi. Regaliamoci la libertà di essere felici per ciò che siamo e di essere felici per ciò che gli altri sono. Parliamo di noi stessi e delle nostre esperienze, lasciando che gli altri parlino per sè stessi, così ognuno potrà dire solo ciò che realmente vuole della sua vita. 

Rispettiamoci. 


mercoledì 6 settembre 2017

QUESTO LO DEDICO A ME!


Ho deciso, questo articolo lo dedico a Me. 

Parliamo sempre di Riccardo, dei suoi sorrisi, delle sue conquiste e delle sue fatiche. Ma per una volta voglio mettermi io, di proposito, al centro dell'attenzione, come un po' tutte le Mamme dovrebbero fare ogni tanto! 

Si, perchè, alla fine, dietro a tutto ciò che riguarda i nostri figli ci siamo sempre noi, e a volte, dando sempre per scontato tante cose, non ce ne rendiamo conto e ci mettiamo sempre in disparte. 

Per cui oggi faccio una dedica a Me stessa, mi ringrazio da sola per ciò che faccio e mi complimento per ciò che sono diventata. 

Penso alla Me Donna, ai sogni che avevo da ragazzina e che sono riuscita a realizzare diventando Moglie, Mamma e Maestra. Alla Me Donna, così complicata che a volte probabilmente sarebbe da appendere ad un palo, ma allo stesso tempo così semplice che per farla felice basterebbe rispettare l'orario di rientro a casa per cena. Alla Me Donna, che non si trucca mai perchè si guarda allo specchio e si piace così, acqua e sapone, perchè sa che un filo di matita e un po' di rossetto toglierebbero quella naturalezza che non vuole perdere mai. Alla Me Donna, che di vera Donna ha poco o niente, dato che indossa solo jeans e scarpe da ginnastica, che il tacco le fa venire la nausea solo a guardarlo in vetrina e che le gonne sono un optional per le grandi occasioni...ma che indossa sempre il sorriso e cerca di non farlo mancare mai. 

Poi penso alla Me Moglie, a quanto la vita da sposa mi ha cambiata, a quanti errori faccio quotidianamente e a quanto cerco di rimediare. Alla Me Moglie, che cucina in modo quasi pietoso, che non sempre tiene la casa in ordine e che potrebbe fare molto di più...ma che Ama. Ama, nonostante le difficoltà e il tornado che ogni tanto si schianta nelle nostre vite. Ama, con la certezza che, anche se a volte questo Amore non lo si sente tanto, è sempre lì, legato al cuore e non se ne andrà. Ama, nei momenti belli ma soprattutto in quelli brutti, nei momenti felici ma soprattutto in quelli tristi. 

Poi penso alla Me Mamma, a quanto questo legame è completamente diverso da quello che mi aspettavo e a quanto, in ogni caso, ora che lo sto vivendo non riesco ad immaginarmelo diverso. Alla Me Mamma, spesso stanca, ma che trova ogni giorno la forza di vivere ciò che succede senza pensarci troppo..che ha imparato a non crearsi problemi da sola perchè pensa soprattutto a risolvere quelli che ha già, che sono di per sè già abbastanza. Alla Me Mamma, che in pochi minuti sa passare da fare la scema in modo indescrivibile a fare il muso lungo e dito alzato con la voce grossa e arrabbiata. Alla Me Mamma, che ha deciso di vivere a fondo questa avventura mettendo in gioco tutta se stessa, anche se a volte tutta se stessa non è abbastanza o, forse, magari, è troppo. Alla Me Mamma, che alterna momenti di sorrisi a momenti di lacrime sotto la doccia, perchè solo lì le lacrime passano inosservate; che chiede aiuto, ma in realtà non vuole farsi aiutare da nessuno perchè è troppo orgogliosa e poi pensa sempre che "se mi arrangio è meglio!". Che cerca comprensione dalle altre persone ma allo stesso tempo non vuole farsi capire da nessuno, perchè è il suo modo per sentirsi libera dentro se stessa. 

Poi..poi..si potrebbe continuare all'infinito..ma mi fermo qui, altrimenti diventa troppo lungo e vi stancate a leggere...magari scriverò la continuazione!

Ma comunque.

Amo Riccardo, che nelle sue grandi battaglie di ogni giorno mi fa capire quali sono le piccole cose importanti della vita. 
E amo la Me che sono diventata grazie a Lui.

Quindi questo lo dedico a Me, a chi sono diventata, a come sto crescendo e a quanto sono orgogliosa del cammino di Vita che sto facendo.     

venerdì 18 agosto 2017

..MA TU, COSA PREFERIRESTI?!


Ogni tanto, anche io e Francesco facciamo quel gioco sul futuro dei propri figli. Un po' come quando voi genitori Speciali di bambini normodotati vi chiedete:"Ma tu, preferiresti che in futuro faccia il dentista o il calciatore?!"..."Mah, io preferirei facesse il notaio..prenderebbe un sacco di soldi solo per mettere qualche firma qua e là!!" (Se lo legge qualche notaio, non prendetevela a male eh..è solo una battuta per rendere l'idea della leggerezza di questo gioco!!).

Ecco, anche io e Francesco ci facciamo domande del genere.
"Ma tu, cosa preferiresti?! Che imparasse a camminare o a parlare?!"

Come al solito Francesco, da sempre, è più favorevole al parlare che al camminare. "Almeno riesci a farci un discorso, riesce ad esprimere di cosa ha bisogno, ti può fare domande e interagire con tutti".
Certo, non fa una piega. 

Io, invece, sono sempre stata più dalla parte del camminare.
Parto dal presupposto che tutti noi, spesso, parliamo a caso e tante volte ci farebbe bene un periodo con la bocca cucita, giusto per capire che peso dare alle parole, anche quando non ti potresti esprimere. 
E parto dal presupposto che, se ci scappa la cacca mentre siamo a cena, non dobbiamo condividerlo con tutti affinché qualcuno ci accompagni, ma semplicemente alziamo il nostro sedere chiedendo scusa e andiamo in bagno da soli, come se nulla fosse. 

Quando mi immagino il futuro di Riccardo, sia chiaro, non me lo vedo immobile in una sedia a rotelle. 
E' proprio più forte di me. 
Me lo vedo gioioso, mentre corre in un prato fiorito, magari con quella sua camminata un po' goffa...ma LIBERO. 
Libero dalle mie mani che lo sostengono in continuo, da un passeggino che non gli permette di rincorrere quel cane che incrocia e che gli piace tanto, dalle mie braccia che cercano di portarlo dove lui vuole ma che a volte sbagliano. 
Lo vedo libero di rincorrere una farfalla, di seguire suo papà mentre taglia l'erba, e prima o poi di tagliare lui stesso l'erba, perchè gli piacerà. 
Lo vedo libero di farsi un tuffo in piscina e tornare a galla ridendo come un matto, libero di giocare a scappa e prendi con i suoi amici a scuola. 

E poco conta se non parlerà, perchè sono sicura che noi lo capiremo, in qualsiasi cosa avrà voglia di fare. Ed in ogni caso, nel momento in cui non lo capiremo, sarà libero di farsela da solo quella cosa perchè il suo corpo glielo permetterà.

Io, ora come ora, non ho bisogno che Riccardo mi parli. Si fa capire, in tutto. Soprattutto in questo periodo, in cui si arrabbia spesso e fa i capricci perchè capisce che io lo capisco fin troppo bene e non gli permetto sempre di fare ciò che vuole. 
Quando lo prendo in braccio, il suo dito mi guida per tutta la strada che devo percorrere per portarlo lì dove lui vuole. 
Quando gli chiedo se vuole fare un bagno in piscina, capisco dalla sua espressione e dal modo in cui muove le braccia se il suo è un "si " o un "no".
Quando gli faccio una domanda, fa finta di non ascoltarmi se non gli interessa ciò che sto dicendo. 
Quando gli chiedo se vuole fare la nanna, mi indica le scale per salire in camera e si prende stretta la coperta perchè non si addormenta se non sta caldo.
E poi, diciamocelo, tra linguaggio dei segni e applicazioni sul cellulare e sull'i pad, di modi di comunicare possiamo usarne anche altri.
Certo, non sarà una passeggiata eh. Non è che urlerò al mondo felice e contenta "Mio figlio per fortuna cammina e non parla!!". Sarò comunque un altro modo di vivere, semplice, e dovremo mettercela via. 

Ma io, ora come ora, ho bisogno di vederlo LIBERO. 

Non so se accontenterà me o se accontenterà il papà. Forse tutti e due o forse nessuno dei due. Non ho la minima idea di come potrà essere il suo futuro, per cui diamo a questo giochetto il piccolo spazio che si merita per confrontarsi un po', e poi torniamo a viverci le cose giorno per giorno, abbandonando ciò che preferiremmo ed impegnando le nostre forze sull'unico nostro obiettivo reale: fare in modo che Riccardo, in ogni caso, sia un bambino FELICE. E su questo, giuro, ci stiamo impegnando tanto.      

sabato 5 agosto 2017

LE EMOZIONI DI PUGNOCHIUSO



Quando ero piccola passavo due settimane a Lignano, in un campo-scuola. Erano belle settimane, ci si divertiva, si facevano nuove amicizie, ci si innamorava circa due volte e si tornava a casa piangendo. 

Ecco, non ho più pianto per tornare a casa da una vacanza da allora. 
Finchè non siamo ripartiti da Pugnochiuso! 
Mi sembrava di essere tornata dodicenne, e mi sono pure vergognata un po'. Ma alla fine le emozioni è bello viverle, per cui mi sono goduta anche il mio pianto di rientro. 

E' un po' difficile spiegarvi cosa abbiamo provato a Pugnochiuso, ma ci provo.

Pugnochiuso è stata una scoperta, di quelle che ti fanno brillare gli occhi appena senti le voci cantare mentre i bambini e i ragazzi scendono in spiaggia accompagnati dai sorrisi degli operatori. E non sto qui a spiegarvi quanto bravi sono, questi operatori, perchè di gente brava in giro ce n'è tanta. Ma il motivo per cui i miei occhi si riempivano di lacrime ogni volta che li vedevo arrivare (e che cercavo sempre di trattenere dentro per non farmi vedere da nessuno) era racchiuso tutto nella prova che l'Amore, il loro Amore per ciò che facevano, era il vero cardine che faceva andare tutto per il verso giusto. Avevano gli occhi che sprizzavano di gioia, e tutti, tutti, se ne accorgevano. A fine giornata erano stanchi, lo si vedeva, ma ci salutavano sempre con un sorriso, dando un bacio al proprio bimbo/ragazzo Speciale con cui avevano passato la giornata.
   

Pugnochiuso è stata la consapevolezza che da sola non posso fare tutto, che è effettivamente tutto nelle nostre mani, ma che le nostre mani alla fine non sono sempre così indispensabili se trovi delle persone che donano Amore a Riccardo proprio come tu vorresti. E' stata una settimana in cui la parola che ci veniva ripetuta più spesso dai dottori e dagli operatori era "RILASSATEVI", e non potete immaginare quanto questa attenzione nei nostri confronti mi abbia commosso. 
Ho sempre pensato che, nelle situazioni come la nostra, si dia sempre e solo importanza al figlio disabile e i genitori vengono lasciati un po' a se stessi. E sono sempre stata convinta che, in realtà, l'aiuto maggiore, soprattutto all'inizio, debba essere dato ai genitori, di prassi. Se i gentiori non sono realmente presenti e lucidi, difficilmente si riuscirà ad ottenere miglioramenti sul figlio. Ecco. A Pugnochiuso, finalmente, abbiamo trovato le attenzioni che anche noi ci meritiamo. "Non è colpa vostra, non siete voi che sbagliate, avete bisogno di qualcuno che vi dia una mano perchè quel tipetto lì vi manda in esaurimento nervoso", sembrano cavolate. Eppure dovrebbero essere ripetute molto più spesso, dato che una delle domande principali che ci facciamo noi genitori di bimbi Speciali è proprio "Dove sto sbagliando?!". Mi sono sentita coccolata, con la sola frase "Voi pensate a rilassarvi, a Riccardo ci pensiamo noi!". Mi sono sentita capita, compresa, ascoltata. E non è cosa da tutti i giorni!

Pugnochiuso è stato luogo d'incontro con altre famiglie Speciali, in cui ci si capisce al volo, senza troppe spiegazioni, anche se non ci si conosce. Momenti in cui già alle prime parole riesci a parlare di aspetti così intimi che in altre situazioni non prenderesti neanche in considerazioni. Ti ritrovi a parlare delle fatiche di tutti i giorni, delle aspettative messe da parte, dei sogni che non si avvereranno mai, delle soddisfazioni che comunque prima o poi arrivano. Ti ritrovi a salutare e a sorridere a tutti, perchè si diventa un po' come una grande famiglia, e quindi in quella settimana i ragazzi diventano figli di tutti i genitori e i genitori diventano punto di riferimento per tutti i ragazzi. 

Pugnochiuso è stato tutto questo, e molto di più! Mi sono sentita libera e spensierata! E proprio come le mie vacanze di Lignano, anche Pugnochiuso ha portato divertimento, nuove amicizie e mi sono pure ri-innamorata...Sempre di Francesco eh, però è stato un bel re-innamoramento, una bella ri-scoperta, ne avevamo bisogno! 
Ecco, forse, perchè ho pianto salendo in macchina. Ho provato le stesse emozioni di quando avevo 12 anni, dopo circa 20 anni..e non è cosa da tutti i giorni!   







martedì 18 luglio 2017

DIETRO LE QUINTE..




Mio marito mi riprende spesso e volentieri perché condivido sempre i momenti belli, quelli in cui Riccardo sorride, quelli in cui sembriamo felici e spensierati, e non quelli in cui, a volte, rasentiamo l'esaurimento nervoso per la fatica che facciamo! E, tutto sommato, ha anche ragione. 

Quindi ecco a voi il "dietro le quinte", giusto per far capire che, come dietro alla visione di un film bellissimo ed emozionante c'è un lavoro che prevede arrabbiature, nervosismi, momenti di sconforto e tanto impegno, proprio così è anche nella nostra vita con Riccardo. 

Quindi...

Quindi, dietro le quinte c'è l'oggettiva fatica fisica di tenere in braccio un piccolo torello come Riccardo, soprattutto quando si arrabbia perché tu hai preso una strada diversa da quella che lui, in quel momento, voleva prendere. C'è il gioco di equilibri che deve fare la tua schiena quando lui si lancia indietro, sempre perché nel giro di due secondi gli è andato storto qualcosa che tu non riesci sempre a prevedere. E, quindi, c'è anche la posizione diversa con cui cammini in casa...Perchè per passare tra le porte, con Riccardo in braccio, inconsapevolmente, ti giri in modo che, nella malaugurata ipotesi in cui lui scegliesse proprio quel momento per lanciarsi indietro, riesci ad evitare lo spigolo della porta o del muro. 

Dietro le quinte ci sono scenette su scenette che ci si deve inventare durante il cambio di pannolino, che sembra sia diventata la violenza più violenza in assoluto che lui non riesce a sopportare. 

Dietro le quinte c'è la fatica mondiale che si fa per caricarlo in macchina, quando lui ha deciso che non ha nessuna intenzione di uscire di casa in quel momento. E c'è il tappo immaginario che ti metti sulle orecchie per far finta di non sentire quei continui lamenti che fa. Perché lui è così, quando decide piange finchè ti porta allo sfinimento. 

Dietro le quinte c'è l'impossibilità di fermarsi al bar a bere un semplice caffè in pace, impensabile proprio se si è da soli. E in quei casi in cui sfidi la sorte ringrazi lodevolmente l'inventore del cellulare e del 3G perché, anche se tu non avresti mai voluto ricorrere a questo strumenti, ti rendi conto che, forse, è l'unico che ti può permettere dieci minuti di pace. 

E proprio per questo, dietro le quinte c'è l'imbarazzo che provi quando vedi gli altri genitori che ti guardano così, con quegli occhi come per dire "Ma guarda quel bambino come si comporta, e guarda la mamma, non riesce nemmeno a farlo stare buono e usa solo il cellulare". Perché li vedi eh, quei genitori. E faccio finta di niente, anche se a volte mi viene da andare da loro e chiedergli, educatamente, di fare cambio anche solo per due giorni e poi vediamo se qualcuno riesce a darmi consigli migliori. 

Dietro le quinte c'è l'attenzione che devi avere nell'evitare cani e qualsiasi cosa abbia a che fare con l'acqua durante una passeggiata, perché Riccardo deve ancora capire che i cani delle altre persone possono prendere direzioni diverse dalle sue e fa delle scenate isteriche come se scoppiasse un temporale da un momento all'altro. E quindi si lancia indietro nel passeggino, urla come un matto, se ti avvicini ti graffia e ti tira degli schiaffi. E sappiate che anche qui li vedo quegli sguardi, gli stessi di quelli del bar. 

Dietro le quinte ci sono sempre quei sogni che, purtroppo per noi, non dormono mai. E che anche se ce la metti tutta per accettare la situazione in cui sei, che probabilmente non ti permetterà mai di realizzarli, rimangono sempre lì, come macigni nel tuo cuore, e mantengono viva in te quella speranza che continua a farti dire "Dai, forse ce la possiamo ancora fare".

Dietro le quinte c'è un bambino incazzato con il mondo, che vorrebbe fare quello che fanno tutti gli altri, ma non ci riesce. E ci siamo noi, incazzati con il mondo, perché per fargli fare ciò che vuole fare, faremmo volentieri a meno entrambi delle gambe. Ci sono frustrazioni su frustrazioni; in lui quando si rende conto dei suoi limiti, e in noi quando ci rendiamo conto che non riusciamo ad aiutarlo. 

Dietro le quinte c'è un sacco di lavoro per evitare che questi atteggiamenti continuino e ci sono tante indicazioni a cui aggrapparsi per affrontare quei momenti. Ma non sempre ci si riesce. 

Dietro le quinte, comunque, ci sono anche i sorrisi che vedete eh! Diciamo che nell'ultimo periodo sono un pochino meno presenti, ma ci sono. E comunque, tutta questa fatica e questo impegno che c'è dietro le quinte si affievoliscono appena c'è un piccolo progresso, un sorriso dolce di Riccardo, una conquista meritata. 

Amiamo Riccardo, da morire. E anche se dietro le quinte siamo davvero tanto stanchi, siamo convinti che lui ci ripagherà, prima o poi, e ci stupirà alla grande per fare in modo di dar vita al film più strepitoso che nessuno sia mai riuscito a girare.